sabato 2 febbraio 2013

Thomas Braida

Succede ogni tanto quando si esce da una bella mostra che la nostra visione delle cose si è modificata. Questa esperienza per me la più preziosa e impagabile altera la nostra quotidiana percezione della realtà a volte solo per un breve tempo e altre volte in modo permanente entra a far parte della nostra vita. Sono aspetti della realtà di cui non eravamo a conoscenza ma che riconosciamo come reali nel momento in cui qualcuno ci apre una porta per mostrarceli. Thomas Braida coltiva il suo immaginario, gli da nutrimento. Selezionando da varie parti immagini molto spesso allucinanti o le costruisce assemblando pezzi di giocattoli, maschere e oggetti vari con creatività straordinaria fa vivere le sue creature grottesche, psicopatiche che comunemente non vogliamo vedere ma sono molto presenti e reali. Nella sua pittura questa visione diventa ancora più coinvolgente e potentemente viva. L'espressività delle pennellate, l'intensità espressiva delle figure e l'incredibile capacità di composizione vivono di una libertà tecnica totale, lontane dal tecnicismo, totalmente aperte alla sperimentazione in funzione del dare vita a quadri di una tale forza e profondità che rimangono addosso. Mi viene in mente Goya e mi fa piacere trovarlo citato nell' intervista su Klat ma  il suo lavoro è assolutamente contemporaneo e per niente anacronistico. 

Nell'esposizione a Villa Gorgo – Guado dell’Arciduca Nogaredo al Torre – San Vito al Torre, (Udine) all'interno del progetto Painting Detours, workshop ideato da Andrea Bruciati lo spazio è allestito come un laboratorio dove le grandi tele sono su dei cavalletti da lavoro, per terra il pavimento è protetto dalla plastica piena di sgocciolature, vasi con pennelli, libri, disegni tutto quello che di solito c'è in fase d'opera e che in una mostra non si vede mai. Le piccole tele accatastate una sopra l'altra in mezzo a libri e ogni sorta di cianfrusaglia sembrano voler sfuggire allo spazio troppo impegnativo della parete che altre invece occupano casualmente. Se ci abbassiamo ad ossevarle veniamo rapiti da storie e personaggi che sembra impossibile possano stare in una piccolissima tela. Cani, orsetti di peluche, civette ed esseri immaginari trasmettono dramma e sgomento, ilarità e follia. Anche nelle grandi tele il phatos è fortissimo, lo troviamo evocato chiaramente nel Sacrificio di Isaak ma anche "sulla spalla del gigante Pimpo" l'impressione è cinematrografica è sconvolgente. Davanti al grande quadro "san giorgio and CO."ma anche in "burnin'bush" mi rendo conto che la scelta del soggetto e la scelta dei colori possono essere sempre diversi, i soggetti che provengano dal fumetto o dall'illustrazione o da una foto o dalla storia dell'arte non cambia nulla, l'intenzione pittorica ci tiene lontano da intellettualismi ed enfasi concettuali.  Qual è la tua definizione di bellezza? La diversità è bellezza. Una cosa bella la “senti” subito e, magari, la capisci dopo. È un atto d’amore, l’arte.  Anche capire la diversità lo è.

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